“La distanza che si è incuneata fra me e la mia felicità, non era il mondo, non erano le case in fiamme, ero io con il mio pensiero, il cancro di non lasciare mai la presa, l’ignoranza è forse una benedizione, non lo so, ma a pensare si soffre tanto, e ditemi, a cosa mi è servito pensare, in che grandioso luogo mi ha condotto, il pensiero? Io penso, penso, penso, pensando sono uscito dalle felicità un milione di volte, e mai una volta che vi sia entrato.”
(J. Safran Foer, “Molto forte, incredibilmente vicino”)
Oskar, il bambino protagonista del libro, imputa la propria infelicità al semplice fatto di pensare. Fortunatamente le cose non stanno così. Il pensiero è l’attività che più ci caratterizza in quanto esseri umani, e sarebbe impossibile prescindere da esso.
Tutti noi pensiamo continuamente, spesso senza esserne completamente consapevoli, al punto che per ricostruire il contenuto di certi nostri pensieri serve uno sforzo di attenzione. Esistono infatti dei pensieri, chiamati automatici, che si presentano come dei “flash” alla nostra mente sotto forma di brevi frasi o immagini. Tali pensieri sono influenzati da convinzioni più profonde e influenzano il nostro modo di vedere noi stessi, di interpretare le nostre relazioni con il prossimo e di valutare il mondo più in generale.
Nei pensieri automatici esistono delle tematiche caratteristiche della persona che li produce, che influenzano il modo in cui ciascuno di noi interpreta gli eventi. A volte i nostri pensieri diventano rigidi al punto che pare impossibile metterli in discussione. Ci viene allora spontaneo interpretare tutto ciò che ci accade nello stesso modo, e questo ci fa soffrire. Analizzati oggettivamente, inoltre, questi pensieri risultano distorcere la realtà. Si parla allora di pensieri disfunzionalie di convinzioni irrazionali.
Diversi tipi di difficoltà psicologiche (ansia, depressione, disturbi alimentari…) sono caratterizzati da tipologie di pensieri disfunzionali e convinzioni irrazionali caratteristiche.
Dunque a causare sofferenza non è il semplice atto del pensare ma, a volte, il “come si pensa”.
Il nostro stile di pensiero è fortemente caratterizzato da quelli che sono i nostri scopi nella vita e a come consideriamo tali scopi (es. “Devo essere amato da tutti e se ciò non accade è molto grave”).
La psicoterapia cognitiva è basata sull'idea che i pensieri, dunque le interpretazioni che diamo alle situazioni, influenzino strettamente le nostre emozioni e i nostri comportamenti. Scopo della terapia è proprio fare luce su questi pensieri e, quando essi causano sofferenza, metterli in discussione. Nel fare ciò il punto di partenza sono le situazioni di vita quotidiana riferite dal paziente, quelle situazioni che più facilmente stimolano pensieri caratteristici e suscitano le relative emozioni.
Ne deriva che si tratta di una forma di psicoterapia dove il paziente ha un ruolo molto attivo, essendo lui il massimo esperto della propria vita, delle proprie emozioni e del proprio modo di pensare. Il terapeuta, esperto di processi di pensiero, emozioni e comportamenti, riveste il ruolo di “guida” in un processo che è il paziente a svolgere in prima persona.
Tale processo avviene avvalendosi di numerose tecniche comportamentali che caratterizzano la terapia, che vengono proposte al paziente e discusse insieme a lui a seconda delle necessità. Un esempio sono le tecniche di rilassamento, molto usate per i disturbi d’ansia. Si tratta di procedure volte a ridurre il più possibile la sofferenza legata al sintomo che il paziente cita come causa del proprio disagio (es. gli attacchi di panico).
La psicoterapia cognitivo-comportamentale è infatti nota per essere una terapia focale, volta cioè a eliminare in primo luogo il disturbo che la persona porta in seduta. Ciò non significa, tuttavia, che tutti gli altri fattori che in passato e oggi possono avere contribuito a creare e mantenere il disturbo non vengano considerati. Al contrario, essi verranno analizzati attentamente e se necessario trattati nel corso della terapia. Un esempio di questi fattori è lo stile di attaccamento, un ambito largamente considerato e studiato dai terapeuti di area cognitivista: esso è definibile come l’insieme delle modalità attraverso le quali ciascuno di noi impara a relazionarsi con le figure significative (genitori o altre figure di riferimento) durante l’infanzia, e che influenzano successivamente le relazioni interpersonali più importanti in età adulta. Grande attenzione viene inoltre rivolta alle difficoltà metacognitive di alcuni pazienti, ossia a quelle problematiche che rendono difficile riconoscere e attribuire stati mentali (emozioni, desideri, bisogni, pensieri...) a se stessi e agli altri. Queste difficoltà interferiscono con la capacità di riflettere su intenzioni e comportamenti propri e altrui e di utilizzare tali riflessioni per padroneggiare la propria sofferenza, gestire le proprie relazioni, soddisfare i propri obiettivi.
L’insieme delle caratteristiche sopracitate rende la psicoterapia cognitivo-comportamentale la forma di terapia più efficace per la maggior parte dei disturbi psichici, sebbene sia importante specificare che non esiste una forma di trattamento universalmente valida per tutti i pazienti, e che oltre al tipo di tecnica utilizzata numerosi altri fattori influenzano largamente l’esito del percorso. Ad ogni modo, numerosissimi studi scientifici dimostrano l’effetto positivo di questo tipo di terapia su diverse situazioni di sofferenza.
AMBITI DI INTERVENTO
Età adulta:
- Disturbi depressivi
- Disturbi d’ansia e di panico
- Disturbi alimentari
- Disturbi di personalità
Età evolutiva:
- Disturbi d’ansia, fobia scolastica, disturbo d’ansia da separazione
- Enuresi ed encopresi
- Disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD)
- Disturbi comportamentali
- Disturbi dell’apprendimento (dislessia, disortografia, discalculia)
- Ritardo mentale, disturbi generalizzati dello sviluppo, altri tipi di disabilità